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Carlo De Negri (1905 - 1984)

HA SESSANTANNI … E NON LI DIMOSTRA

 

           Pubblichiamo una lettera attribuita a Carlo de Negri e indirizzata a Giuseppe Chirone, capostazione e sindaco di Arenzano a metà degli anni cinquanta. Nonostante siano passati più di sessanta anni mantiene una singolare attualità: ci sembra, infatti, quanto mai importante non trascurare mai la visione globale e programmare di conseguenza la realizzazione di opere pubbliche, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile e armonico e quindi una buona qualità di vita.

Arenzano e la pineta negli anni '50


Carlo de Negri (1905-1984), fondatore tra l’altro dell’Associazione Ligure di Archeologia e Storia Navale,  è stato uno storico di Arenzano: i suoi studi e le sue pubblicazioni, fra cui il libro “Arenzano – cose, eventi, genti”, edito nel 1953 e ristampato nel 2003, sono i riferimenti utilizzati da decenni nelle ricerche storiche che riguardano il nostro paese. 


AVVENIRE DI ARENZANO

Lo sviluppo sempre più tumultuoso della vita cittadina, dove l’ambiente si fa ognora maggiormente artificioso, spinge l’uomo della metropoli alla ricerca di un ritorno alla natura, pur nei ristretti limiti che il moderno convivere consente.

            In questa tendenza oscura ed istintiva è forse da ricercare l’attuale fortuna, invero resa possibile anche dall’evolversi delle comunicazioni, del turismo.

            Questa brama di evasione dall’ambiente cittadino trova da noi, in Liguria, numerose possibilità di soddisfazione perché molti sono i centri della Riviera che consentono all’uomo un più diretto contatto con l’ambiente primitivo.

            Così a pochi chilometri dalla zona industriale della Superba, dove si afferma la cosiddetta civiltà delle macchine, Arenzano rivendica la civiltà della natura in quella somma armonia del creato che ricorda agli uomini quanto sia loro facile la felicità se alla natura stessa abbiano, riverenti, la bontà di rivolgersi.

            E molti, in folla, ad Arenzano ora accorrono, attratti dalla bellezza del sito e dalla dolcezza del soggiorno. Tanti hanno meta al Santuario del S. Bambino di Praga, dove la suggestività dell’ambiente naturale sembra particolarmente fatta per invitare gli uomini a ringraziare e lodare il Signore delle grazie che ci ha elargito.

            Ancora tantissimi accorrono alla spiaggia per il refrigerio dell’onda, colà particolarmente tersa, o per la carezza del sole.

            Pochi ancora si sono rivolti alla montagna, pur acquisendo essa ad Arenzano caratteristiche particolari, o meglio inconfondibili, ai più ignorate, e ciò quantunque al monte ricco di pini si debba in gran parte la purezza dell’aria vantata dal paese.

            Proprio in quel di Arenzano la displuviale tra l’Adriatico e il Mare Ligure più si avvicina alla costa pur conservando l’aspetto di aspra giogaia con cime che la prossimità del mare rende, nonostante la relativa altezza, maestose.

            Ed il monte è Alpi e non Appennini, contrariamente alle reminiscenze scolastiche; ciò ci dice la geologia, ed in ciò concordano i maggiori autori che fanno dipartire il nostro massimo sistema montuoso da quel di Pegli.

            Non sarà certo però da cercare nelle Alpi che ad Arenzano fanno corona le stelle alpine, in quanto trattasi di monti il cui clima è addolcito dalla vicinanza del mare per cui possono essere a lungo praticati anche nella stagione più inclemente.

            Sui monti di Arenzano si può andare sia per facili passeggiate in una campagna dove la dominante tenuità dei toni dell’ulivo ingentilisce ogni cosa, che per l’escursione sino al limite tra castagni e pini posto dalla natura a ricordare la maggiore altezza raggiunta, che per l’ascensione a vera sfida della nuda roccia.

              Ovunque però, salendo, l’orizzonte continuamente non solo si allarga ma anche si rinnova dando alla vista il piacere della scoperta. Se la marina di Arenzano ebbe nel Carducci il suo vate, Luigi Mercantini ne cantò e sentì in monti in pagine a torto obliate[1]. Ma forse la gente ebbe a fermarsi alla marina perché già paga delle bellezze incontrate senza la fatica dell’ascesa.

            Così di certo fece anche il Bresciani, ponendo in ambiente prettamente arenzanese i personaggi del romanzo “Lorenzo o il coscritto”: così pure ebbe a regolarsi il De Avendano nel dipingere pregevoli tele ad Arenzano ispirate.

            Ora i “Piani” nuovamente si rivestono di fronde perché la Pineta, da inconsulto egoismo di uomini distrutta[2], rinasce; la magnifica volta della Parrocchiale, da furore bellico distrutta, sente ancora prece e santi perché ricostruite in modo da sorpassare l’effetto scenico, già di per sé grandioso, voluto ai primi del secolo XVIII dagli ideatori, i fratelli Ricca.

            Le maggiori ferite che Arenzano ebbe a soffrire per la guerra possono pertanto dirsi in gran parte risanate, ed il paese si avvia fiducioso verso l’avvenire.

            Alle normali esigenze del turismo, quando ad esso non erano ancora demandate le funzioni oggi in atto, Arenzano suppliva con una organizzazione per quel tempo rispondente. Ciò accadde per un lungo  periodo di anni, in quanto la località vantò sempre affezionati ospiti, anche illustri o notabili, oltre a quelli dei quali già è stato detto, bisogna ricordare anche la regina Margherita, il premio Nobel Golgi, lo scultore Saccomanno, l’architetto D’Andrade, il geologo Arturo Issel. 

            Ma il dovere di una ospitalità sempre maggiormente richiesta pone ai reggitori della cosa pubblica problemi nuovi,  indubbiamente ardui e complessi particolarmente per la loro simultaneità.

            Si impone anzitutto una disciplina urbanistica, anche per porre per quanto possibile rimedio a quella che potrebbe definirsi una crisi di crescita del paese; in argomento vi sono di certo situazioni già irrimediabilmente compromesse, quando si agì senza una visione organica delle necessità nell’avvenire. Comunque è da salvare il salvabile, dato anche che la camionale Prà – Albisola, nella fattispecie da considerarsi fattore negativo, ha creato situazioni nuove.

            Allo studio sono pure altri problemi, scaturenti in modo particolare dalla fisionomia prettamente balneare della località. E’ così all’esame la copertura dell’ultimo tratto del torrente Cantarena che consentirebbe il totale allargamento del Lungomare, da sistemarsi anche in lavori di dettaglio quale la demolizione del bunker e del muro antisbarco antistanti la Villa Figoli. Il Lungomare, che ebbe ultimamente un notevole e molto panoramico prolungamento verso il Pizzo, assurgerebbe così a dignità di passeggiata tra le più belle della Liguria. Correlativo è il problema della sistemazione generale degli impianti balneari con migliore rispondenza non solo alle necessità attuali ma anche alle maggiori possibilità in atto offerte dalla spiaggia che trovasi in fase di avanzamento.

            Anche per quest’ultima si stanno studiando le possibilità di nuove opere intese ad incrementarla ulteriormente od a ricostituirla dove è scomparsa. Nell’ambito di una sistemazione generale della spiaggia entra pure la costruzione di una piscina e di attrezzature di imbarco e sbarco per le navi da diporto.

            Di interesse urbanistico vero e proprio è invece l’impianto di un campo sportivo, da non confondersi con il campo da golf progettato sulla risorta Pineta.

            Risolvendo gli accennati problemi, Arenzano potrà, senza snaturare le sue caratteristiche, assolvere a nuovi compiti e vivere di nuova vita.



[1] Del poeta Luigi Mercantini, citato dall’autore della lettera, questa rivista ha pubblicato la bella poesia “Un’ora sulla montagna” nel numero di marzo 2011.

[2] La distruzione della Pineta cui ci si riferisce è quella dovuta agli eventi bellici, che avevano portato all’abbattimento della vegetazione per ottenere legname da utilizzare per la produzione di sale. Ben peggiore sarà la distruzione successiva, dovuta alla speculazione edilizia.

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